Se il nucleare è tanto bello come sembra, perchè non può fare lui tutto il lavoro?Perchè dobbiamo affidarci, per una parte largamente maggioritaria dei nostri futuri consumi, ad energie meno dense, più emissive, meno programmabili?

Ho recentemente letto il libro di Blain e Jancovici “il mondo senza fine”, l’ho trovato molto informativo e sul pezzo. Trattandosi di un fumetto che analizza problematiche complesse, mi aspettavo molta meno sostanza, e invece riesce a portare un sacco di spunti anche ad un nerd come me. Non sono un appassionato dei fumetti grafici, dove ci si perde nelle tavole, e ho apprezzato tantissimo la densità delle 200 pagine, sempre interessanti e comunque ben illustrate.

Tuttavia, credo sia promotore di un messaggio che forse può essere vero per la Francia, ma che è veramente pericoloso credere che possa essere vero per il mondo: l’energia nucleare, da sola, non può traghettarci verso una decarbonizzazione giusta ed equa entro il 2050. È pericoloso credere sia possibile una transizione 100% nucleare, perché i limiti della filiera sono importanti anche solo per raggiungere il 10/20% dei consumi energetici globali, come indicato da vari report.

McKinsey ha scritto, meno di un mese fa, un bell’articolo sulla questione, dove si presentano i numeri necessari al raggiungimento degli obiettivi climatici per l’industria nucleare. Si spiega che sono necessari 800 GW di potenza nucleare per arrivare a fornire il 20% dell’energia totale. Assumendo che i reattori possano cominciare ad entrare in piena funzione a partire dal 2030 al 2035, per arrivare a 800 GW sono necessari 50 GW di installato all’anno. Il record dell’installato fu negli anni ’80, dove si superarono i 30 GW. La domanda è: l’industria può scalare così tanto in poco tempo? Forse, secondo l’articolo, ma sicuramente non di più, secondo me.

Secondo l’articolo è necessario cambiare un po’ di cose, che riporterò con qualche mio commento. Al contrario di tanti di voi, non sono un esperto del settore, quindi mi piacerebbe avere un vostro feedback a riguardo.

Gli investimenti privati saranno fondamentali per sostenere lo sviluppo di nuove tecnologie, la scalabilità della base industriale e la costruzione di nuovi reattori. Si stima che i costi di capitale per una rapida espansione al fine di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione potrebbero ammontare a circa 500 miliardi di dollari all’anno e che indipendentemente dalle fonti di investimento, sarà essenziale gestire i rischi finanziari.
Potrebbe essere necessario un supporto politico per sostenere il rischio finanziario durante l’espansione dell’industria. I governi potrebbero offrire garanzie o finanziamenti diretti. I produttori di energia globale potrebbero considerare la distribuzione dei rischi su bilanci ampi. Ad esempio, l’Ufficio del Programma di Prestiti del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti è disponibile per fornire finanziamenti a basso costo, ma tale supporto non è uniforme in tutte le future nazioni nucleari.

È necessario aumentare la forza lavoro per la produzione, la costruzione e l’operazione. Oggi negli Stati Uniti e in Canada, ad esempio, l’industria nucleare fornisce circa 130.000 posti di lavoro diretti e quasi 600.000 posti di lavoro totali (diretti e indiretti).
L’analisi di McKinsey suggerisce che la forza lavoro nucleare in questi due paesi da sola dovrebbe crescere fino a oltre un milione di persone e a oltre cinque milioni a livello globale per aumentare la capacità a 50 GW all’anno.
L’industria e i governi potrebbero coordinarsi su programmi di sviluppo delle capacità che includono reclutamento, formazione, apprendistato e collocazione, come gli sforzi dei EDF per formare saldatori in previsione di una nuova centrale nucleare nel Regno Unito.
Non proprio una bazzecola, considerando che la manodopera qualificata sta in generale diventando una risorsa sempre più scarsa in molti paesi.

Stabilire processi di licenza globali semplificati. I leader del settore, i regolatori e i responsabili delle politiche potrebbero creare un consorzio industriale (o potenziarne uno esistente) per definire i requisiti di licenza globali e lavorare proattivamente con i governi per tracciare una roadmap per la scalabilità. Nell’industria del gas naturale, ad esempio, il Gruppo Internazionale degli Importatori di Gas Naturale Liquefatto (GIIGNL) – spesso in collaborazione con altre organizzazioni, come l’Istituto Americano del Petrolio – definisce norme tecniche comuni per il gas naturale liquefatto in tutto il mondo e lavora con i governi per codificare tali norme.
Questo aspetto credo possa rivoluzionare il mondo degli SMR, che oggi devono essere licenziati individualmente nonostante siano costruiti in serie. Tuttavia, credo possa complicare le cose per quanto riguarda la fiducia nella tecnologia. Ad oggi, oggettivamente può essere cieca, ma in caso di permitting meno rigorosi potrebbero nascere delle nuove perplessità.

L’applicazione delle migliori pratiche per i progetti di investimento su larga scala può ridurre la probabilità di superamento dei costi e dei tempi.
Secondo McKinsey, le strategie e le tattiche di gestione comprovate per i megaprogetti di successo in altri settori si applicano nel contesto nucleare in aree che includono la produttività del sito; l’ottimizzazione del programma; il controllo dei costi; la messa in servizio e la prontezza operativa; la qualità, il controllo del progetto e la gestione dei rischi; e l’organizzazione e la governance del progetto.
Le lezioni di altri settori saranno preziose se il nucleare vuole avere successo. Su questo punto, credo che il nostro paese possa contribuire ben poco. La nomina di un commissario speciale per ogni quisquilia costituisce a mio avviso l’esatto contrario di una corretta gestione del progetto.
Magari, sarebbe un’ottima occasione per imparare qualcosa dagli altri.

Implementare le migliori pratiche del settore per la scalabilità.
A tal fine, un’industria ad asset pesanti può adottare diversi passi: creare un organismo del settore per identificare e attuare standard per i sistemi e i componenti delle centrali, che potrebbero semplificare i processi regolatori, di ingegneria e di catena di approvvigionamento.Utilizzare un modello replicabile per la costruzione.
Costruire impianti in rapida successione con un design standard potrebbe aiutare le competenze della forza lavoro a rimanere rilevanti, l’industria a crescere e le lezioni di ogni costruzione a informare le successive.
Storicamente, la costruzione di reattori multipli in un’unica posizione ha dimostrato di ridurre significativamente i costi per le successive espansioni – minimizzando i costi di mobilitazione, utilizzando edifici e strutture condivisi e mantenendo la necessaria forza lavoro per le unità successive.
Questa possibilità aggrava però una delle maggiori criticità in termini di sicurezza del nucleare: la centralizzazione della generazione.

Coordinare e scalare in modo proattivo la base industriale.
Gli ostacoli nella catena di approvvigionamento sono probabilmente destinati ad emergere se l’industria cresce rapidamente.
I blocchi potenziali potrebbero interessare, secondo l’articolo, le fusioni pesanti per le vasche di pressione del reattore, i sistemi di strumentazione e controllo, nonché le valvole specializzate a sicurezza nucleare per i sistemi di controllo critici.
Maggiore supporto ai programmi di nuova costruzione da parte dei governi potrebbe aumentare la fiducia degli investitori nella costruzione di catene di approvvigionamento per tali componenti prima dell’inizio della costruzione.
Inoltre, i protagonisti dell’industria possono considerare di istituire centri di eccellenza per sviluppare nuovi processi di produzione e aiutare a qualificare più fornitori di componenti per soddisfare gli standard di prestazione e qualità necessari per la catena di approvvigionamento nucleare.
Un altro boost potrebbe venire con l’aumentare l’uso della costruzione modulare per componenti standardizzati.
Per l’industria nucleare, la costruzione modulare di sezioni di impianti può abbassare significativamente i costi poiché i processi diventano più prevedibili e ripetibili, gli ambienti di costruzione più controllati, le forze lavoro più stabili, i lavori di riparazione meno frequenti e i tempi di produzione più efficienti.

Ora, quasi alla fine di questo interminabile post, arrivano i punti dolenti.

Mantenere l’operatività e la manutenzione (O&M) affidabili e sicure degli impianti esistenti continuando a migliorare le performance finanziarie non è esattamente quello che ha fatto la Germania settimana scorsa.
L’articolo dice che gli impianti di oggi operano in modo sicuro ed affidabile, ma affrontano crescenti sfide economiche.
Ad esempio, la diminuzione dei costi per l’energia eolica e solare ha costretto i fornitori nucleari in molti mercati a rimanere competitivi sui prezzi, il che ha ridotto i margini di profitto.
Mantenere la capacità nucleare attuale attraverso l’operazione sicura, affidabile ed efficiente dei impianti esistenti aiuterebbe a mantenerli in funzione (invece di spegnerli a causa dei costi operativi elevati) e potrebbe contribuire a preservare le attuali catene di approvvigionamento e la forza lavoro.

L’accelerazione della commercializzazione delle tecnologie Gen-III+ e Gen-IV potrebbe, nel tempo, ridurre i costi di capitale e accelerare la costruzione degli impianti attraverso il “learning by doing”, catene di approvvigionamento più efficienti e altri vantaggi. I proprietari delle tecnologie dei reattori potrebbero raffinare le loro storie di equità per gli investitori, con un’attenzione particolare per ottenere risultati pilota positivi.
I player dell’industria nucleare potrebbero anche considerare consorzi pubblico-privati per accelerare lo sviluppo tecnologico.
Questo punto si scontra secondo me con quelli precedenti, perché accelerare lo sviluppo dei reattori di nuova generazione significa continuare ad innovare qualcosa che invece dovrebbe essere standardizzato.

Tutte queste criticità, non vengono elencate dal libro di Jancovici, dove invece si presenta la compatibilità tra l’energia nucleare con l’energia rinnovabile come un problema insormontabile suggerendo che l’energia nucleare possa supplire interamente ai bisogni energetici dell’umanità a basse emissioni.
Anzi, l’unico problema dell’energia nucleare sembra essere costituito dai verdi fricchettoni che impediscono di sviluppare in scala questa tecnologia a livello planetario.
I problemi concreti però esistono e il pensiero magico non aiuta la decarbonizzazione.
Mi piace molto la conclusione dell’articolo di McKinsey:

“Ampliare l’industria nucleare (rispetto ad oggi) sarà un’impresa significativa che richiederà di superare una serie sostanziale di ostacoli.
Anche uno scenario ottimistico per un’economia nucleare espansa sarebbe probabile che implichi una complessa rete globale di politiche, oltre a livelli di costo disomogenei, poiché le tecnologie e la base industriale di supporto emergono su diverse linee temporali.
Tuttavia, riteniamo che una scalabilità nucleare sia realizzabile. È ora che l’industria incontri la sfida.”

Impariamo ad abbracciare la complessità.
La transizione ecologica passa anche dai libri a fumetti, ma poi bisogna portarla nel mondo reale.
Se questi qui elencati sono i passi necessari per arrivare al 20% degli attuali consumi energetici, immaginate cosa significhi raggiungere il 100%, aggiungendo magari varie fantasiose forme di maladattamento climatico dove l’energia diventa un sostituto del supporto vitale che oggi riceviamo dagli ecosistemi.