Come sempre ci vuole la tragedia per sentir nominare, in TV, il termine “crisi climatica”, per osservare nei Telegiornali la messa in onda di qualche timido servizio in cui finalmente vengono raccontati, chiari e tondi, gli allarmi dell’IPCC o della World Meteorological Organization.

Lo abbiamo vissuto in questi giorni dopo il dramma delle esondazioni in Emilia-Romagna, dove in meno di due giorni è caduta l’acqua che normalmente cade in tre mesi, per giunta dopo un lungo e drammatico periodo di siccità.

È positivo che di clima si parli anche in TV, ed è un bene che questa tendenza sia in leggero aumento, che più che in passato vengano citate organizzazioni internazionali e non i negazionisti di turno ma… la frequenza di questi servizi è anche solo lontanamente paragonabile a quella degli eventi che stanno accadendo in Italia?

Come ha scritto Ferdinando Cotugno su Domani citando l’osservatorio CittàClima di Legambiente: “gli eventi estremi nel 2022 sono stati 310, aumentati del 55% sull’anno precedente: 104 allagamenti, 81 trombe d’aria, 29 grandinate, 13 esondazioni fluviali”.
310: quasi uno al giorno e… no, non ci risultano altrettanti servizi di approfondimento come quelli di questi giorni.

Già oggi il tema del giorno è un altro e di clima si riparlerà in modo leggermente approfondito chissà, quando vivremo “l’ondata di calore più estrema mai registrata”.
Il racconto della crisi climatica dovrebbe invece uscire da questa gabbia emergenziale e terrorizzante diventare quello che è, un tema quotidiano, di tutti noi, di tutti i giorni.
Tornare il giorno dopo ai soliti problemi facendo finta che il cambiamento climatico sia magicamente sparito diventa il modo peggiore per farsi trovare impreparati alla prossima crisi emergenziale.

Dichiarare lo stato di calamità naturale non è mai stato abbastanza, oggi rasenta il ridicolo.