È da poco uscito il documento del World Weather Attribution che cerca di capire se l’alluvione in Emilia Romagna è direttamente correlata al riscaldamento globale. Non possiamo definire di avere una correlazione diretta tra le due cose ma l’eccessiva urbanizzazione e cementificiazione delle aree ha peggiorato le cose.

Partiamo dall’inizio e vediamo di cosa parla il report. In due parole: il World Weather Attribution fa girare due modelli climatici.
Uno con il “clima” del 1800 e uno con i gas serra che ci hanno portato ad avere un aumento della temperatura media globale di +1,2°C.
La differenza nelle probabilità di questi eventi è data dalla mano dell’uomo. Succede che nel modello attuale del 2023, la probabilità di queste piogge torrenziali in Romagna è dello 0,5% all’anno, con un tempo di ritorno di 200 anni.
Il modello non indica che le precipitazioni stiano aumentando in questa regione (in effetti basta guardare le mappe di ISPRA per capire come il triangolo romagnolo sia un’unica area a rischio alluvionale e che l’Appennino alle sue spalle sia un unico terreno franoso) per cui si conclude che questo evento singolo non sia dovuto direttamente all’accumulo di gas serra pompati dall’uomo negli ultimi 150 anni.
L’estrema urbanizzazione del territorio ha però reso il deflusso dell’acqua quasi impossibile (non parliamo dei tombini da pulire ma di una cementificazione estesa). Esiste un’incertezza dovuta alla morfologia e alla meteorologia del nostro territorio.

Se i modelli parlano di una estraneità di correlazione, possiamo lo stesso fare alcune considerazioni.

– Grande incertezza: i modelli non sono precisi quando si parla di eventi estremi molto localizzati. Questo non significa che i risultati siano sbagliati ma c’è ancora molto lavoro e ricerca da fare per affinare i dati ed avere risposte più precise. Si parla pur sempre di un “according to rapid analysis by an international team of climate scientists from the World Weather Attribution group”.

– La scienza ci piace solo quando dice quello che vogliamo sentirci dire. Se mai il report dovesse arrivare all’opinione pubblica (e lo farà), seguirà un raccapricciante cherry picking politico sui dati scientifici. Come piace fare alla politica nostrana che strizza l’occhio alle tesi negazioniste (ricordiamo che Franco Prodi in TV predisse il fatto che questa alluvione non fosse causa del climate change – vero – ma dell’attività solare – meno vero).

– In Italia abbiamo un problema a leggere solo i titoli e non leggere per bene i report. E dal titolo ci cuciamo addosso delle storie che riempiranno i talk e i giornali per le prossime settimane. Il documento ci dice che la crisi climatica attuale non sempre è causa di ogni evento estremo ma ci obbliga ad adattare i territori e mitigarne le cause.

– Dobbiamo aspettare di avere un’approvazione scientifica per dire che questi territori non sono stati vittime del riscaldamento globale. Nel frattempo non facciamo nulla, ma proprio nulla, per evitare che questo evento naturale diventi più frequente per colpa dei gas serra. Anzi: stringiamo al petto questo report, lo baciamo e poi ritorniamo a rigassifichiamo a pochi km dalla costa romagnola.

– Il fatto che nelle ultime settimane il mondo dell’attivismo climatico (FFF, UG, XR e altri) abbia legato questo evento al riscaldamento globale di tipo antropico non è da condannare. Nella crisi climatica ci siamo già dentro fino al collo, dobbiamo adattare i territori mentre mitighiamo le emissioni. In questo caso non è stata data prevenzione e adattamento delle comunità locale e non stiamo riducendo le emissioni, anzi. Il report ci dice chiaramente che queste due cose devono essere prioritarie a prescindere dal fatto che un evento estremo sia legato o no direttamente ai gas serra. È l’unica cosa che conta è che deve trasparire veramente da questo report.