La crisi climatica sconta, tra gli altri, un enorme problema di rappresentazione.

I ghiacci che si sciolgono, le foreste che bruciano, le pianure sommerse sono immagini che ci parlano di un mondo che è già cambiato, di catastrofi che stanno già accadendo. A meno che non ci tocchino direttamente, però, portano sempre con loro un effetto di distanza, temporale e spaziale. Raccontano una storia collettiva, che difficilmente tocca le sensibilità dei singoli.

Ci sono poi i dati. Descrivono la grandezza della sfida che abbiamo di fronte, ma non tutti riescono a visualizzarli, a farne energia emotiva.

Esiste però un numero che è diventato un simbolo identitario della lotta per il clima: la concentrazione di CO2 per parti per milione (PPM). È un dato che traduce l’invisibile e rappresenta in maniera lampante la nostra impronta sull’atmosfera planetaria. Racconta una storia collettiva che è anche storia individuale, perché ognuno di noi può sapere esattamente quanti ppm c’erano in atmosfera il giorno in cui è nato e valutare quanto è cambiato il mondo da quel momento.

Federica Fragapane, che di mestiere è un’incredibile Information designer, ha deciso di rappresentare la storia che ci ha portati fin qui e per cui domani scenderemo in piazza.

Quanta CO2 possiamo ancora emettere in atmosfera prima di renderci conto che è troppa? Quanto possiamo ancora giocare con quel vortice prima che ci soffochi?